sabato 25 dicembre 2010

Blackout: Christmas Special

Non respiro. La terra mi sta riempendo i polmoni. Le ossa scricchiolano. Gli occhi bruciano. Il sangue mi esce dal naso. Sono morto. No, sono morto mesi fa. Sono ancora vivo. Combatto. Combatto contro la terra che vuole il mio corpo. Tiro pugni, testate, urlo dalla disperazione. Il legno cede. Scavo per quattro metri di terra. Il mio pugno esce dalla terra. Sento la neve, fresca, candida, posarsi sulla mia mano. Sono ancora vivo. Tutto merito del Dono. Evviva, evviva.

"Andiamo a bere, James" dice Lui, "che male può farti un po' d'alcool dopo che sei scappato alla Morte?"

Non ha tutti i torti. Devo darmi un ripulita, cambiarmi d'abito, pulir la maschera, ma prima voglio godermi un po' l'aria di libertà. Salgo su di un tetto e guardo il cielo, nero, pieno di stelle. Non è tempo per cazzeggiare. Salto. I miei muscoli s'irrigidiscono. Atterro sull'altro tetto. Corro, corro veloce. Corro e salto, come in un saggio di danza. Non sono così aggraziato, ma riesco ancora a coordinare tutti i miei movimenti.
Eccola. Ecco casa mia. Nessuno ha cercato di scassinarla. Meglio. Non ho le chiavi, ma non mi servono. Entro dalla finestra. C'è uno strano profumo... Profumo di donna... Fottuti sensi iper-sviluppati. Sì, è il SUO profumo. Scuoto la testa e cerco la maschera di riserva, ma ecco che trovo un giornale.


"L'anti-eroe conosciuto come Blackout è stato trovato morto."

Yeah, sono ufficialmente morto.
Dov'è? Dove cazzo è? Apro tutti i cassetti, ma non la trovo.

"Cercavi questa?", dice una voce roca e fredda. Mi giro istintivamente., ma vedo solo una nebbia nera e la mia maschera a terra. La sollevo e la indosso.

"Oh, è inutile che mi cerchi, non sarà facile trovarmi."
"Chi sei? Cosa vuoi da me?"
"Mi chiamano l'Ombra."
"
È notte, non c'è il Sole, il tuo nome non è molto azzeccato."
"Ah-ah, sei pure simpatico. Interessante. Ma veniamo al punto: Mi hai chiesto cosa voglio, giusto? Voglio darti una mano, ecco cosa voglio."

"Non ti fidare, James, potrebbe essere uno dell'agenzia!", replica Blackout, nella mia testa. Non ha tutti i torti, dopotutto.

"Non ho bisogno d'aiuto, Ombra. Grazie dell'interessamento, ora fuori dai coglioni."
"Oooh, così mi ferisci. Peccato, avevo una dritta per te, a proposito del Killer Natalizio."

"Killer Natalizio? Che nome da sfigato."

"Hrmmm, chi è?"
"Ah, ora cerchi il mio aiuto? Ti dico solo che è uno di quegli psicopatici che uccide persone nei vicoli bui. Colpisce soprattutto le donne."

Queste parole mi lasciano senza fiato. Mi ricordo di Lei.

"Dimmi dov'è."
"Eh-eh, prendimi e te lo dirò."

Lo stronzo sparisce in una nube nera. Puzza di bruciato. Seguo l'odore. Lo ritrovo qualche piano più in alto, su di un tetto che mi guardo sorridendo. Mi arrampico fino a lui, ma sparisce ancora. Inizio a corrergli dietro. Sa usare il suo potere, continua a fregarmi. Non posso stargli dietro all'infinito, devo trovare un modo per prenderlo. Pensa, Quentin, pensa.

"Bingo!"

Ho capito come fare. L'Ombra segue uno schema preciso, smaterializzandosi dal palazzo a destra a quello a sinistra, non guardandosi dietro, impiegando due secondi per farlo. Devo saltar sul palazzo a sinistra, ora. Uno, due e vai! Riesco a placcarlo.

"Ora parla, stronzo."
"Eh-eh, mi hai preso. Mi son fatto prendere apposta, idiota, il Killer è là sotto."

Mi affaccio e lo vedo. Un bestione alto due metri vestito da Babbo Natale con una mazza chiodata in mano. Sta colpendo un tizio a morte, devo fare in fretta.

"Portami là sotto, Ombra, in fretta!"
"Okay, okay, ma io non combatto, sono di corporatura fragile. Se hai bisogno, chiamami."

L'Ombra mi porta con sè proprio dove volevo. Non è proprio un'esperienza piacevole, la smaterializzazione.

"Oh, oh, oh, buon Natale, stronzo! Ora morirai!"

Grazie, buon Natale anche a te. Sono resuscitato solo da un'ora e già un assassino vestito da Babbo Natale vuole farmi fuori. Che gioia!

"Hrm, okay, avevo proprio voglia di un bel pestaggio."

Si lancia su di me, sventolando la mazza insanguinata. È lento. Cerca di colpirmi. Salto all'indietro. La sua mazza rimane conficcata nel terreno. Bene, è un altro col Dono e deduco che abbia una forza sovrumana. Perfetto.

"Graaaaaah! Dì a Babbo Natale cosa vuoi per Natale!"

Riesce a stringermi in una morsa stretta. Gli metto le mani in faccia e con i pollici gli schiaccio gli occhi.

"V-vorrei l'a-automobilina r-radiocomandata di S-spider-Man"

Sento gli occhi che esplodono. Gli do una testata e con un calcio a due piedi salto all'indietro. Ho accecato Babbo Natale, woo-hoo.

"Aaaargh! Non ci vedo! Riceverai del carbone, figlio di puttana!"
"Ooooh, ma che linguaggio scurrile.", prendo la mazza e carico il colpo con tutta la forza che ho. "Notizia dell'ultim'ora: Babbo Natale non esiste." lo colpisco in testa, facendolo cadere a terra. Continuo a colpirlo, fino a distruggerli la testa. Colpisco, colpisco e colpisco ancora.

È morto. Ho ucciso Babbo Natale. Oh, oh, oh, meeeerry Chrismas.

lunedì 22 novembre 2010

Tutto ciò non ha senso.


Sono tutte esperienze oniriche che mi portano a te. Immagini senza senso alcuno. Parole vuote che esprimono versi troppo complicati da capire. Suoni impercettibili all’orecchio umano. Profumi di esperienze passate. Oscurità e Luce che si contrastano. Le ultime memorie di un Eroe ormai stanco e morente. Le preghiere di un Cristiano non credente. Gesti per ciechi, parole per sordi, frasi di un muto.
Tutto ciò non ha senso.
Luci infinite che si spengono al passaggio del prescelto.
Amori impossibili di persone inesistenti.
Lunghi labirinti della mente.
Cali il sipario.

Tutto ciò non ha senso.

-Sam

La Morte negli Occhi.


Dovessi combatter le orde di peccatori di questa città solo per poter sfiorar ancora, anche solo per una volta, le tue labbra, lo farò. Se dovessi bruciar all'Inferno solo per poter sfiorar la tua pelle vellutata un'ultima volta, brucierò all'Inferno. Se dovessi morir per poter riveder l'ultimo tratto d'umanità che rimane nella mia anima, dietro questa maschera nei tuoi occhi, morirò.

-Sam
Disegno gentilmente concesso da Sif.

domenica 21 novembre 2010

Schizophrenia.

Il mio nome è James, e vedo delle cose. Strane cose. Lo psichiatra mi ha detto che soffro di una strana forma di schizofrenia. Non gli ho dato retta, ho preferito ascoltare i racconti del coniglio viola al suo fianco. Queste cose strane mi parlano. Sussurrano nel mio orecchio. Sono i miei migliori amici. Non ho un rapporto umano con qualcuno da tre mesi, ventidue giorni, quindici ore e quarantotto minuti. Ho sempre avuto difficoltà a rapportarmi con gli altri, sin da piccolo. Preferivo rimanere in un angolo a disegnare i miei amichetti colorati. No, non mi è mai piaciuto.
Abito in un monolocale, da solo. Non è vero, non sono solo, ci sono Loro. Per pranzo e cena mi cucino dei piatti preconfezionati e non ho un lavoro, vengo sovvenzionato dal governo. Faccio parte di un progetto chiamato "Schizo-00". I medici ogni giorno mi studiano, non giungendo mai a niente, perché la mia mente è troppo complicata per loro.
Ieri, uno dei miei amici mi ha detto di volare con lui. Mi sono lanciato dal settimo piano, librandomi in volo. Sono atterrato su di una macchina, rompendomi la spina dorsale e la testa. Ora sono morto, e Loro non ci sono più.

-Sam

venerdì 29 ottobre 2010

No Justice City - Il Giustiziere











Vivo in una città senza alcun tipo di giustizia, nè a livello di strada,
nè a livello politico, figuriamoci quello. Vivo con la consapevolezza
che ormai il marcio è entrato a far parte della vita di ogni persona
di questa città e, probabilmente, anche della mia senza che io lo
sappia. Marcio ovunque, sporcizia ricopre le nostre coscenze
soffocandole col puzzo del vizio e il gusto amaro del peccato. Gusti
che ai nostri sensi appaiono completamente opposti. Il peccato
alimenta la macchina violenta di economia di questa città. Una
macchina senza scrupoli, che non guarda in faccia nessuno.

Ma che soprattutto non da sconti.

Se si attieni al gioco sei dentro. Sei non
ti attieni alle regole sei finito. 

Ma se fai tu le regole è un altro
conto. Ho intenzione di riscrevere le regole di questa città
dimenticata dal Creatore. Da solo o in compagnia non importa, ma
credo che in un
a città come questa... Sarò da solo. Credo di portela
risanare, con le buone o con le cattive. Con le cattive soprattutto.
Credo che dal buio stesso possa generarci la luce, poichè gli esseri
umani al buio non vivono bene.
Si abituano alla luce con gli occhi,
ma poi iniziano ad avere paura.
Ma avranno anche paura della luce.
Questo giocherà a mio vantaggio sugli stronzi. E sempre a mio
vantaggio alla gente onesta che non vede l'ora di rivedere la luce.
Ho intenzione di porre fine alla corruzione, al peccato, al vizio, alla
lascività e al degrado che dominano questa città.
Voglio giustizia.

E la voglio ora.
Sono il Giustiziere. In una città dove la giustizia non
esiste. 
Almeno non ancora.

- Il Matto

Esplosione cosmica

Un silenzio che quasi stride come mille corde di violino tese da uomini forzuti e suonate da lame di rasoio affilatissime mi perfora le orecchie. Una vastità che supera di gran lunga i limiti della mente umana. Luci psichedeliche che si muovono danzando soavi tra asteroidi e pianeti. Esplosioni atomiche silenziose. Il mio corpo si contrae spasmodicamente per pochi, interminabili, attimi. E poi... Boom. Non sono più vivo. Forse non lo sono mai stato. Forse non lo sarò mai. Un'altra esplosione. Ho esalato il mio ultimo respiro.

Fucked Up. Capitoli Primo e Secondo


Capitolo Primo

Solita sensazione. Vista offuscata. Passi traballanti. Senso di vomito. Evvai! Non è una cosa nuova, oramai.
Devo tornare a casa. Non so come farò,ma un modo dovrò pur trovarlo, no?
Arrivo barcollando alla metro. Saranno le due del mattino e i treni ancora passano. Dio benedica il servizio prolungato del Sabato sera. Passo l’abbonamento, supero il cancelletto ed ecco la banchina. Cinque minuti e il treno arriva. Buono.
Per perdere tempo cammino avanti e indietro, morbosamente,quasi. Stupido. Stupido, stupido, stupido ubriacone. Sei troppo sbronzo per reggerti in piedi e cammini avanti e indietro in una banchina di una metro? Il risultato è facilmente deducibile. Cado. Un minuto e il treno passa. Non riesco a rialzarmi, mi sono fottuto il ginocchio. Mezzo minuto. Vedo in lontananza un flash abbagliante.
Sono fottuto.
Ad un tratto mi vedo un fottutissimo flash-back dell’inutilità che è stata la mia vita.
A dir poco riprovevole …


Capitolo Secondo
20 Maggio 2001
Oggi è il compleanno del mio capo e in ufficio si sta tenendo una festa. Wooo, cazzo, emozionante. Un ufficio pieno di stronzi ipocriti con falsi sorrisi e camice firmate. Davvero fantastico. Alla fine,come mio solito,me ne sto per i cazzi miei, con la mia adorata fiaschetta. Per questi stronzi sono come invisibile, ma ciò non mi tange.

Hey, Larry, vieni qua!”

Grida uno di quei coglioni.

Hmmm, sono stanco, credo che resterò un attimo seduto qua

Dai, non fare lo sfigato!”

-Tiragli un pugno su quella sua faccia di cazzo-, dice la mia vocina nella testa. Vorrei farlo, ma non ne ho la forza né la voglia.
Il coglione mi porta nell’atrio, o come cazzo si chiama quella sala.
Sono le 22:13 e la “festa” non accenna a finire. Cazzo.
Fortunatamente mi ricordo che nel ripostiglio delle scope nascondo sempre una bottiglia di whiskey.

Ehmmm, scusatemi, non mi sento tanto bene, credo che andrò a sdraiarmi da qualche parte…”

Va bene, Larry, riposati
Non sono nemmeno uscito dalla stanza che sento:

Che sfigato, Dio santo

Poco importa.
Tempo cinque minuti e mi ritrovo attaccato alla bottiglia.
Sono le 22:35. Inizio a barcollare, ridendo come un coglione. Ora Larry “Lo Sfigato” James esce di scena per lasciar spazio all’“Altro”.

Perfetto, lo Sfigato non c’è più. Ora posso approfittarmene. Ritorno in quella stanza e vengo accolto con un:

Larry, brutto sfigato, dove cazzo eri finito?!”

Non aspettavo altro. Afferro quella piccola testa di cazzo per il collo, lo sbatto al muro e inizio a prenderlo a testate sul naso. Hanno dovuto fermarmi in cinque.

“Che cazzo fai, psicopatico!? Potevi ucciderlo!”

Non è che POTEVO, è che VOLEVO.”

Mi sbattono fuori dal palazzo. Cazzo, meno male. Ora ho tutta la sera per bere.

Come volevasi dimostrare. Mi sveglio alle 14:56 con un mal di testa assurdo. Cerco di farmi un caffè ma la mia attenzione si posa su una busta che m’han lasciato sotto la porta. Una lettera di licenziamento. Fantastico! Già con quello schifo di lavoro pativo la fame, chissà ora come sarò messo bene.

domenica 24 ottobre 2010

No justice city.

La città, là fuori, è fredda. Senza vita, senza morale, senza giustizia.
Una città brulicante di violenza, vizi e peccati.
Peccati tra cui spiccano lussuria, accidia, superbia e avidità.
Bestie che si fingono uomini appestano una città oramai stanca con i loro vizi.
Stupratori, spacciatori, ladri, pedofili, maniaci.
Feccia che non dovrebbe nemmeno aver il piacere di veder la luce del Sole.
Piove. La pioggia, l'unica cosa che può, forse, lavar via la sporcizia dalle mura di questa metropoli.
Ah, chi prendo in giro? Niente può lavar via i peccati da questa infima città.
Città piena di sogni infranti, speranze perse e disperazione.
Una città allo sbando.
Una società allo sbando.
Possiamo solo biasimarci. Noi l'abbiamo portata a questa deleteria ed esasperata situazione.
La colpa è nostra.


-Sam.

Rivoluzione immaginaria.

Chiniamo il capo sotto lo sguardo dei potenti. Marciamo in silenzio, dominati dalla paura. Siamo un niente in un mondo governato da corrotti. L'unico modo per uscir da questa deleteria situazione sarebbe una rivoluzione. Una di quelle rivoluzioni piene di tizi in maschera. Ah, ma chi vogliamo prendere in giro? Solo dei deviati mentali indosserebbero delle maschere per una rivoluzione.
Bè, quei deviati mentali siamo noi.
Anonimi tizi mascherati che portano avanti una rivoluzione immaginaria.
Aha! Cala il sipario, ed è la fine.

-Sam

venerdì 22 ottobre 2010

Sono matto.

Sono matto. Talmente matto da far invidia a un dottore di un manicomio. Talmente matto che nella mia mente si annidano ragni che si avvinghiano, lottano, si uccidono e poi si stringono tra le zampe per soffocarsi. E in mezzo a quelle ragnatele vige la legge della giungla. Una giungla fatta di violenza, sangue, predatori, tattiche di caccia e prede che corrono come pazze in questa giungla fitta. Sono talmente matto che ancora non capisco cosa c'entri il tempo con le finestre che apriamo la mattina, sono talmente matto che non tengo a freno le parole, scrivo senza fermarmi e tutto ciò che scrive non aquisisce un senso nemmeno se volessi fermarmi per darglielo. Non ne avrebbe, perchè la vita stessa è di per sè priva di qualsivoglia senso, se non glielo diamo noi che la viviamo. Sono talmente matto che mi chiamano Il Matto, fate voi!

-Il Matto

Pulp - Vietnam

Vietnam, 21 Settembre 1967
Camp Thunder, secondo plotone della "Squadra Alpha"

I musi gialli si sono ritirati, almeno per ora. Sono le 20.38 e i miei "compagni" stanno di nuovo tirando di coca.
Dicono che ne hanno bisogno per "avere delle qualità fisiche migliori". Sì, certo, tutte cazzate. Coglioni.
Sono le 21.12 e sono già tutti strafatti. Che bella cosa. Passo tutta la sera a sorseggiare whisky. Okay, non sorseggio.
Sto bevendo come un dannato.
Sento un rumore fuori dall'accampamento. La sentinella è già crollata. L'unico "sano" qua, sono io.
Esco a controllare. Quattro fottutissimi musi gialli mi puntano contro i loro fuciloni.
Parlano nella loro lingua da fottuti musi gialli e non li capisco.
Ne vedo un'altra decina, escono dall'ombra e sterminano tutti i miei "compagni".
Uno dei Vietcong mi mette un sacco nero in testa, mentre gli altri mi colpiscono coi calci dei fucili.
Svengo dopo un po' di colpi.

Mi risveglio dopo qualche ora. O almeno a me è sembrato così, il tempo passato da svenuto.
Sono legato ad un tavolo arruginito, con delle manette ai polsi e alle caviglie, ovviamente a torso nudo.
Chi lo sa se questi bastardi si eccitano a vedere il mio fisico scolpito. Pervertiti.
Ce n'è uno, credo sia il mio carnefice. Ha un abito di plastica, tipico dei torturatori. Una maschera antigas e un martello in mano.
Mi preoccupa più la maschera che il martello. Buffo.
Lo stronzo parla e, ovviamente, io non lo capisco. Insiste. Urla, ma nulla, non capisco una parola.
Mi tira un pugno in faccia, tutto incazzato. Io gli rido in faccia.
Finalmente si decidono a chiamare un interprete.

"Dicci il tuo nome, cognome, grado d'affiliazione e il nome del tuo generale."

Non rispondo.
Un altro pugno.

"Ripeto, dicci il tuo nome, cognome, grado d'affiliazione e il nome del tuo generale!"

Ancora non rispondo. Non per spirito patriottico, ma perché mi diverto.

Prevedibilmente il "carnefice" mi tira un altro pugno. E ancora gli rido in faccia.

"Cos'hai da ridere, sporco capitalista?!"

Gli sputo in faccia.

"Sai come mi chiamavano gli altri soldati?"

"C-Cosa?!"

"Headshot. Per la mia mira infallibile. Ah, e il vostro amico avrà bisogno di un medico. Anzi no, di un coroner."


Il "carnefice" cade a terra, con un buco nell'occhio e il mio molare ficcato nel cervello. Ottimo.

"Torturate il capitalista!"

Ecco, mi sono messo nei casini. Arriva un altro "carnefice". Più grosso e incazzato. Prende dei transistor e mi piazza le pinze sui capezzoli.
Accende la macchina. Scariche da centocinquanta volt passano per il mio corpo. Un dolore allucinante.
Le scosse durano poco, ma lo stretto necessario per farmi urlare. Cosa che non ho fatto, ovviamente. Solo per fargli girare i coglioni.
Non contenti di quest'ultimo risultato, decidono di accendere un enorme pompa d'acqua gelida industriale.
Me la sparano addosso. Mi colpiscono duecento kilometri orari di acqua gelida. Molto doloroso.
Io non ho ancora detto parola. E loro non sono ancora contenti.
Allora decidono di prendermi a catenate in faccia. E lì son dolori.
Catenate su catenate, ma io ancora non urlo nè dico nulla.
Dopo tutto questo, mi prendono di peso, mezzo morente, e mi attaccano per i polsi a delle catene attaccate al soffitto.
A turno mi prendono a pugni in faccia e sul corpo, come fosse un gioco. Il punto è che ho smesso di divertirmi.
Sento le costole spezzarsi sotto i colpi.
L'interprete mi fa:

"Non sei ancora stanco, sporco Americano?!"

Gli faccio di no con la testa, per poi sputargli sangue in faccia.
Continuano a prendermi a pugni per una ventina di minuti, finchè non svengo.
Mi rinchiudono in una cella sporca, buia e piena di topi.
Come "nutrimento" mi danno una specie di brodaglia puzzolente e marrone. Due volte al giorno. Questo sì che è lusso.
Giornaliarmente mi picchiano e torturano per due ore, per poi sbattermi non contenti in cella.

Vietnam, cella di detenzione, 28 Settembre 1967

Oramai è quasi fatta. Sono riuscito a liberarmi le caviglie l'altro ieri e oggi anche i polsi.
Ho fabbricato un rudimentale coltello con i piatti di ferro che mi lasciavano nella cella.
Quanto sono stati idioti a lasciarmi tutto quell'"armamentario".
Nascondo il coltello nei pantaloni, prima che vengano a prendermi per il "trattamento estetico" giornaliero.

"Oggi come sta il nostro ospite Americano?"

"Bene, bene, solo che il cibo non è il massimo. Gradirei parlare col cuoco."

"Ah-ah, è anche spiritoso!"


Il traduttore mi tira un pugno, deridendomi con gli altri suo amichetti nella stanza.
Sono sette, in totale. Tre armati con dei fucili, due con delle catene, uno con un machete e il traduttore con un coltello.

"Vediamo se dopo questo sarai ancora spiritoso."

Mi fa un taglio col coltello che parte da sopra il sopracciglio sinistro fino alla guancia. Fortunamente non ha toccato l'occhio.

"Idiota."

"Come hai detto?!"

In riproduzione: Motorhead - Ace Of Spades

Con le gambe gli prendo la testa, rompendogli l'osso del collo.
Afferro il suo corpo morto come scudo umano.
Corro incontro ai tre armati di fucili.
Lancio il corpo addosso al tizio più a sinistra.
Con una scivolata rompo le gambe di quello a destra.
Gli infilo il coltello alla tempia e prendo il fucile.

"Assaggiate un po' di amore Americano, figli di puttana!"

Inizio a sparare, falciandoli tutti.
Ne lascio solo uno.

"Vieni qua, bastardo!"

Cerca di trascinarsi fuori dalla stanza per chiamar soccorsi. Gli falcio le gambe con un po' di sano piombo.

"Tu dirai ai tuoi amichetti del cazzo che James Cornelius "Headshot" Nero è stato qua, okay?!"

Parla nella sua lingua che, io, ad ora, non ho ancora capito.

"Fai cenno se hai capito, coglione."

Mi fa un cenno. Gli tiro un calcio in faccia e me ne vado.

"Bene, e ora come cazzo me ne vado da questo posto di merda?"

La risposta mi arriva dal cielo. Un elicottero di un telegiornale Americano passa proprio sopra la mia testa.
Che botta di culo!
Agito le braccia, per attirar la loro attenzione.
Una volta atterrati ammazzo sia il cameraman che il pilota. Così, perché potevo farlo.
Prima di partire, però, do fuoco all'accampamento, dimenticandomi dell'ultimo superstite che doveva recapitare il mio messaggio.
Vabè, se lo ricorderanno... Spero.

Dai diari di James C. Nero, Vietnam, 1967.

-Sam

Run for your life

Sono giorni che corro ininterrottamente. Non ho avuto tempo di fermarmi, e non penso ne avrò. Corro, corro e corro ancora, senza guardarmi indietro. Negli anni, a furia di spingere al limite la mia velocità, il mio corpo si è abituato ad uno sforzo tale che se dovessi fermarmi potrei morire. Corro per la mia vita. Una vita alla velocità della luce. Una vita senza soste. Ormai, ho perso i contatti col mondo esterno. Sono troppo veloce per parlare con qualcuno, per scrivere o dormire. Non ho nemmeno bisogno di nutrirmi. Il mio corpo è entrato in simbiosi con lo Spirito della Velocità.
Io sono Flash, e corro per la mia vita.


-Sam

Un morto tra i vivi

Un brivido gelido percorre il mio corpo morto. "Sei morto.", ripete la voce nella mia testa. Tre colpi al cuore. Morte istantanea. Fine della corsa. Sono morto, ma cammino ancora. Le mie terminazioni nervose continuano a pulsare. Il cuore non batte, al massimo si degna d'un piccolo movimento ogni tanto. Sono un morto tra i vivi, e la cosa mi piace.

-Sam