mercoledì 17 agosto 2011

Sublimazione

Vano passaggio da fisico ad astrale, concetto contorto, costretto da forze simil-divine impotenti dinanzi al dominio del senno antropico. Vagabondaggio senza meta nelle lande solitarie della distorta coscienza umana; Vie sozze di desideri inespressi, una piazza colma di morte spirituale.
Vene ricolme di sangue tetanico, contagiato da microbi senzienti atti ad obnubilare il desiderio. Arterie recise, zampillanti d'emozioni.
Danza sublime di angeli acefali senza senso, ispirata da oscuri presagi.

L'essere è effimero.
La vita inconclusa.

lunedì 18 luglio 2011

Energie funeste

Zampillanti scintilli d'un'esistenza prossima al trapasso ascetico. Un dubbio cordoglio vaneggiante di mille e più esperienze peccaminose all'insegna del disfacimento dell'Io, ingannevole confessione del senno corrotto dell'eventualità d'una possibile salvezza di Dèi menefreghisti, un irrisorio beneficio presidiato dall'incertezza di un'esistenza demolita dalla dicotomia tra Individuo e Spirito, abbandonando quel terzo trasversale, la Ragione, per un'illusione deleteria che porta all'obnubilamento delle facoltà mentali, sopprimendo sinapsi e neuroni. Il sonno eterno dell'Essere, l'annichilimento del Pensiero, la disfatta della Persona.
Radere al suolo aspettative ed abbagli, un falso testimone in una Giuria d'Eterni menzogneri che danzano spensierati su corpi esanimi di fiere di Gioia e Dolore. La perpetua afflizione, l'urlo di rancore, il silenzio del livore.
Vocaboli sussurrati ad orecchie audiolese, visioni celestiali mostrate ad occhi ipovedenti. Demoniaci codici binari infestano pianeti insussistenti, contaminandone la pura follia degenerandone origine ed efficacia.
L'epilogo d'una realtà, l'esordio di molteplici probabilità.

mercoledì 1 giugno 2011

L'episodio perduto di Spider-Man


Vi ricordate quei cartoni di Spider-Man low budget degli anni ’60? Quelli che ora ci sembrano improponibili da vedere e alquanto trash? Ecco, c’è un lost episode, di quel cartone animato. Un episodio pressoché introvabile, ma, si sa, su Internet si può trovare di tutto, persino quell’episodio.

Qualche mese fa, un mio amico fissato con Spider-Man si mise a cercare il famosissimo episodio perduto, fino a trovarlo, in un sito Russo. Non chiedetemi come abbia fatto a trovarlo, l’importante è che siamo riusciti a trovarne i sottotitoli.
Appena scaricato, il mio caro internettaro non esitò a chiamarmi, e in fretta e furia lo raggiunsi a casa sua per visionare quel materiale introvabile. Ci chiudemmo in camera, luci spente e intrepidanti.
Il video partiva con la classica sigla, dove Spider-Man volteggiava con la ragnatela e tutto il resto, ma, nel punto in cui ferma al volo la trave che stava per colpire i passanti sotto, il filmato si blocca. Pensavamo fosse un errore di Windows Media Player, quindi utilizzammo VLC, per sicurezza. Stessa cosa. Alchè, aspettammo uno o due minuti, fino a che il video non ripartì. Tutto sembrava normale, tranne per il piccolo particolare che le persone che comparivano nella sigla non avevano i volti, tranne l’Uomo Ragno, che, però, aveva gli “occhi” della maschera più stretti, come socchiusi, e le ragnatele disegnate sulla maschera formavano una specie di ghigno inquietante.
Pensammo fosse colpa della produzione scadente di allora o della qualità del filmato, quindi non demmo troppo peso a quei particolari.
Dopo quella sigla insolitamente duratura, comparì la schermata del titolo.
Quella puntata s’intitolava “La fine”, e già da lì un brivido mi percosse la schiena.

Dopo il titolo, parte l’episodio in sé, ed inizia con una scena dell’Uomo Ragno in piedi su di un tetto, che guarda verso il basso, con una musichetta inquietante come sottofondo, una sorta di stridii di violini, una musica triste e spaventosa al contempo. Spider-Man resta lì fermo per trenta secondi circa, fino a che il cielo non diventa rosso, e a quel punto si lancia dal tetto, in picchiata verso la strada. Non si muove, durante la caduta. Non volteggia, non lancia ragnatele, nulla. Sembra solo voler schiantarsi sul suolo. L’impatto è imminente, ma non fa nulla. Il suolo si apre sotto di lui, inghiottendolo al suo interno. Spider-Man si ritrova a cadere per tre minuti di fila in un enorme pozzo, circondato da artigli che lo colpiscono e seviziano, mutilandolo ogni volta sempre di più.
Dopo questi tre minuti quasi infiniti e angoscianti, Peter Parker si schianta sul suolo, ormai morente.
La scena zooma sulla sua maschera, e, ascoltando attentamente, si riesce a sentire un ultimo rantolo: “Ti vedo… Sei morto”.

Alla fine della scena, lo schermo diventa nero, riportando ciò che ha detto in precedenza Spider-Man, seguito dal nome del mio amico, poi il video finisce. Pensavo fosse solo un suo stupido scherzo, quindi al termine del video mi girai per commentare questo episodio così agghiacciante con lui, dato che per tutta la durata del video non abbiamo detto niente, ma non c’era più.
Sulla sua sedia c’era solo una macchia di sangue, con un ragno sopra.

domenica 22 maggio 2011

L'urlo di Saint John

Nelle periferie della Scozia, tra gli abitanti più superstiziosi, nelle notti più buie, si narra una storia. Una storia grottesca, surreale, forse inventata, o forse no: La storia di Saint John.
Nell'Agosto del 1932, Saint John, un ereditario con forti squilibri mentali, venne condannato all'impiccagione per aver torturato e ucciso ventidue bambini. La notte della condanna, però, proprio mentre al collo di John venne legato il cappio, un tuono colpì il patibolo, che prese fuoco. Saint John rimase appeso per il collo, in fiamme, straziato dal dolore. Morì poco dopo, e del suo corpo non rimase altro che un cadavere fumante e carbonizzato. Quella notte, tutti coloro che assistettero a quel macabro spettacolo, giurarono di sentire le urla del condannato. Urla tremende, quasi demoniache, riempirono la notte.
Tutto ciò continuò per quasi una settimana, fino a quando non scoprirono il primo evento paranormale: Durante la notte, un ragazzino di otto anni prese fuoco. Quella fiamma che avvolgeva la povera vittima non si spense, nè poterono far qualcosa per spegnerla. Il bambino urlò e si dimenò fino all'alba, quando il fuoco misterioso si spense, terrorizzando tutti gli abitanti della città.
Poco tempo dopo, un neonato di appena quattro mesi fu ritrovato morto, a pezzi, e appeso alla porta di un locale. Ma questi eventi non erano gli unici a terrorizzare gli abitanti di quella malcapitata cittadina. Durante la notte del 22 Agosto del '32, un urlo simile a quello di Saint John svegliò tutta la città, creando un'isteria generale. Gli abitanti cercarono di scappare, ma un muro di fiamme aveva circondato i confini. Qualcuno scorse una figura magra e in fiamme, in alto, ridere sadicamente, mentre tutti i bambini, in preda al panico, iniziarono a sventrarsi da soli con tutto ciò che trovarono.
La mattina dopo la città non era altro che un ammasso di macerie e cadaveri carbonizzati, tranne che per il patibolo che pose fine alla contorta vita di Saint John, che riportava una scritta incisa sopra: "Il fuoco eterno di Saint John vi trascinerà nell'orrore."

Anni dopo, c'è ancora chi dice di sentire l'urlo di Saint John. Non si sa con certezza se è vero o se è solo suggestione, ma nessuno osa pronunciare ancora il suo nome.

venerdì 29 aprile 2011

Arkham, è solo uno scherzo

"La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. "
Franco Basaglia


L'autista si ferma davanti alla casa di riposo Arkham, e mi scorta molto educatamente oltre i cancelli di questa dimora della tranquillità, sino al cospetto del gran capo, un uomo burbero e dai capelli grigi con un perenne sorriso soddisfatto in volto.
Entrando, noto che il posto è cambiato parecchio da quando me ne sono andato. I reclusi sono abbandonati a loro stessi. Il Cappellaio Matto si ritrova a divorarsi il cappello, cantando stupide cantilene in un loop infinito, Mr Freeze è arido, rachitico e morente, mentre prega le guardie per un po' di ghiaccio. Peccato per lui, il mio freezer è rotto, sennò glielo regalavo. L'Enigmista è in preda ad attacchi isterici dovuti ai suoi nuovi indovinelli che risolverebbe una scimmia ritardata, Killer Croc viene sfruttato dai carcerieri per produrre borse e portafogli a basso costo, Due Facce è caduto in una catatonia da quando la sua moneta è caduta in piedi, incastrata tra le mattonelle della sua cella. E pensare che avevo detto al Dottor Arkham di usare il parquet, per il manicomio.
Tutto, qui, mi è così familiare. Saluto il simpaticissimo signor Cash, e lui ricambia il saluto, agitando quella sua adorabile manina sinistra che, per uno strano evento, ha sei dita. Prima di scortarmi alla mia cella, mi chiedono se gradisco un bicchiere di whiskey, e io accetto volentieri. Dopo qualche formalità, mi accompagnano dolcemente nella mia nuova casa. Una cella bellissima, con motivi floreali e un odore di frutti di bosco veramente piacevole. Mi danno anche la mia tunica di seta, perché sanno che ho la pelle molto sensibile; Dopo tutto ciò, mi siedo comodamente sulla poltrona, sino ad addormentarmi e fare un incubo orribile:

Ci sono dei poliziotti che mi manganellano con forza inaudita, per poi sbattermi in macchina. Dopo un lungo viaggio si fermano di colpo e, con ancora il sapore di sangue in bocca, mi trascinano fuori dalla macchina, ammanettato. Fuori piove, e le gocce di pioggia mi sembrano tanti piccoli spilli che si conficcano con forza nella forza, perforandomi la carne. I lividi sul mio volto fanno ancora male, l'occhio destro è tumefatto e ho una costola incrinata, e quando rido mi fanno male i polmoni. Ci ritroviamo ad Arkham, ma non è il posto che mi ricordo io, è un manicomio pieno di super-criminali! Due Facce, Freeze, Croc, il nano coi cappelli e quella gentaglia cattiva lì è tutta in, se si può dir così, perfetta salute, e mi fissano, quasi sorpresi di vedermi qua. I poliziotti mi trascinano per le braccia per Arkham, per poi farmi picchiare ancora un po' da Aaron Cash, mettermi la camicia di forza e sbattermi in isolamento, in una cella imbottita e ricoperta da uno strato di acciaio inpenetrabile spesso dieci centimetri.
Per fortuna che è solo un brutto sogno e che fra poco mi risveglierò di nuovo nel mio mondo pieno di unicorni rosa putrefatti e super-eroi pedofili che abusano sessualmente di vecchie indifese.

martedì 12 aprile 2011

Dualità

dualità s. f. [dal lat. tardo dualĭtas -atis, der. di dualis: v. duale]. –

1. Qualità o condizione di ciò che è composto di due elementi o principî



Il destino è affidato al caso. Il caso domina le nostre vite, inconsapevolmente.
Lancia la moneta. Testa vivi, Croce muori. Funziona così, io l'ho capito. Ho colto il vero movimento della vita, affidandomi al caso. Diviso in due da una profonda faglia mentale, sono turbato da decisioni imprescindibili legate all'altra metà di me stesso.
Da un lato c'è lo splendido Harvey Dent, ex Procuratore Distrettuale, un uomo magnanimo e dall'impeccabile moralità che dedicò la sua vita al perseguimento della Giustizia. Dall'altro c'è Due Facce, tutta la collera e il rancore del giovane Harvey, accumulati per anni e manifestatosi sotto un aspetto grottesco e sfigurato in seguito ad un incidente.
Mi hanno diagnosticato una schizofrenia paranoica con tendenze omicide e una doppia personalità. Cercano di soffocare la mia vera essenza, il mio lato bestiale, ciò che sono veramente.
Sto affidando ad un calcolo probabilistico la mia vita, in questo momento. Lanciando un comune dollaro d'argento, segnato da un lato, scoprirò se la mia vita deve continuare o meno.
Testa vivo, Croce muoio.
Lancio la moneta. Rotea in aria, riflettendo la luce artificiale d'una lampadina di un modesto appartamento di città. Arriva al culmine, e scende rapida, atterrando sulla mia mano.
L'organo prensile mi trema, impaurito appoggio la moneta, senza vedere, sul dorso dell'altra mano.
Testa.
Vivo.

Sono vivo solo per metà.

lunedì 28 febbraio 2011

La scelta

In un limbo tra oblio e beatitudine mi trovai dinanzi ad un bivio. Due strade a me sconosciute verso l'ignoto. Una era quella della salvezza, l'altra quella della dannazione. Fu una scelta lunga e meditata, ma non avendo un senso dell'orientamento sviluppato abbastanza da sondare gli spazi più reconditi della mia psiche, non riuscii a scegliere. In tasca avevo una moneta antica, donatami da mio padre durante la mia infanzia, un ricordo di famiglia. Una moneta d'oro rovinata, completamente segnata e illeggibile da un lato, mentre dall'altro si poteva ancora scorgere il viso di un qualcuno ormai irriconoscibile. La tirai fuori dalla tasca e la passai tra l'indice e il medio, facendola roterare e lanciandola in aria qualche volta, per poi decidermi. La lanciai per far decidere a lei. Affidai a quella moneta la mia vita. Se fosse uscito testa, avrei presto la strada a sinistra, in caso fosse uscito croce, quella a destra. Quando la moneta atterrò sulla mia mano vidi cosa uscii, intrepidante come un bambino a Natale. Croce. Strada a sinistra. Forte della scelta presa dalla moneta, m'incamminai per un viale lungo, tetro e oscuro, sentendo il presagio di qualcosa di terribile. Non potevo più tornare indietro, la scelta era stata fatta. Gli alberi al ciglio della strada avevano un aspetto grottesco, quasi posseduti da demoni infernali. Sapevo che la mia fine era ormai certa. Stavo addentrandomi sempre più nell'oscura parte nascosta della mia follia, ed ero solo. La strada giunse ad un vicolo cieco, con un muro di proporzioni ciclopiche. Nero come il catrame, lucido e spesso. Quel muro rappresentava l'ipotetico muro che innalzai verso il mondo esterno, rinchiudendomi nella mia misantropia. D'un tratto, dietro di me, si materializzò una figura snella e alta, uno scheletro ricoperto di stretti e lunghi vermi neri e viscidi che cercavano di divorargli gli ultimi pezzi di carne rimasti. Quello ero io. Ero io nel futuro, e i vermi erano i miei fallimenti, mentre cercavano di divorare ogni traccia di speranza che albergava in me. La figura piangeva lacrime tinte di sangue. Quelli erano tutti i miei cari, amici, parenti, amori che persi alienandomi. Mi accasciai per terra, in preda alle più cupe paure, aspettando invano desideroso il tocco gelido del Cupo Mietitore. La moneta scelse di mostrarmi il futuro, uccidendo il presente.