lunedì 28 febbraio 2011

La scelta

In un limbo tra oblio e beatitudine mi trovai dinanzi ad un bivio. Due strade a me sconosciute verso l'ignoto. Una era quella della salvezza, l'altra quella della dannazione. Fu una scelta lunga e meditata, ma non avendo un senso dell'orientamento sviluppato abbastanza da sondare gli spazi più reconditi della mia psiche, non riuscii a scegliere. In tasca avevo una moneta antica, donatami da mio padre durante la mia infanzia, un ricordo di famiglia. Una moneta d'oro rovinata, completamente segnata e illeggibile da un lato, mentre dall'altro si poteva ancora scorgere il viso di un qualcuno ormai irriconoscibile. La tirai fuori dalla tasca e la passai tra l'indice e il medio, facendola roterare e lanciandola in aria qualche volta, per poi decidermi. La lanciai per far decidere a lei. Affidai a quella moneta la mia vita. Se fosse uscito testa, avrei presto la strada a sinistra, in caso fosse uscito croce, quella a destra. Quando la moneta atterrò sulla mia mano vidi cosa uscii, intrepidante come un bambino a Natale. Croce. Strada a sinistra. Forte della scelta presa dalla moneta, m'incamminai per un viale lungo, tetro e oscuro, sentendo il presagio di qualcosa di terribile. Non potevo più tornare indietro, la scelta era stata fatta. Gli alberi al ciglio della strada avevano un aspetto grottesco, quasi posseduti da demoni infernali. Sapevo che la mia fine era ormai certa. Stavo addentrandomi sempre più nell'oscura parte nascosta della mia follia, ed ero solo. La strada giunse ad un vicolo cieco, con un muro di proporzioni ciclopiche. Nero come il catrame, lucido e spesso. Quel muro rappresentava l'ipotetico muro che innalzai verso il mondo esterno, rinchiudendomi nella mia misantropia. D'un tratto, dietro di me, si materializzò una figura snella e alta, uno scheletro ricoperto di stretti e lunghi vermi neri e viscidi che cercavano di divorargli gli ultimi pezzi di carne rimasti. Quello ero io. Ero io nel futuro, e i vermi erano i miei fallimenti, mentre cercavano di divorare ogni traccia di speranza che albergava in me. La figura piangeva lacrime tinte di sangue. Quelli erano tutti i miei cari, amici, parenti, amori che persi alienandomi. Mi accasciai per terra, in preda alle più cupe paure, aspettando invano desideroso il tocco gelido del Cupo Mietitore. La moneta scelse di mostrarmi il futuro, uccidendo il presente.

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